Sport e disturbi alimentari: alcuni studi (Byrne e McLean, 2002; Sundgot-Borgen e Torstveit, 2004; Torstveit et al, 2008) hanno evidenziato una maggiore prevalenza di Disturbi dell’Alimentazione e della Nutrizione (DAN) nella popolazione adulta di atleti professionisti rispetto ai non atleti e, in particolare, in quegli sport la cui pratica e ideali sono maggiormente “sensibili” al peso e alla forma del corpo (ad es., danza, ginnastica artistica e ritmica).
Inoltre, come nella popolazione normale, la maggioranza sono donne (i risultati di diversi studi attestano la prevalenza di un DAN tra le atlete professioniste tra il 18 e il 28% (Torstveit et al., 2008)) che hanno iniziato a sviluppare il disturbo durante l’adolescenza e, in molti casi, in seguito a una dieta.
Sport e disturbi alimentari nella pubertà
La pubertà può essere un periodo critico dello sviluppo di uno sportivo perché i cambiamenti corporei che avvengono durante questa fase della propria esistenza non sempre ben si adattano alle richieste prestative di un determinato sport e allora si possono subire pressioni dall’esterno (allenatore, preparatore, famigliari) per raggiungere determinati standard; oppure è l’individuo stesso ad avere la sensazione soggettiva che il proprio corpo non si adatti all’ideale specifico dello sport praticato, in questo caso sarà lui stesso a mettersi sotto pressione al fine di raggiungere quello specifico ideale (Drinkwater et al, 2005).
A questo proposito è importante sottolineare che nel mondo dello sport la sempre maggiore e precoce diffusione delle pratiche di specializzazione in un determinato sport, ossia prima della maturazione corporea dei giovani atleti, potrebbe portare a scegliere una pratica sportiva non adatta alle caratteristiche fisiche che si svilupperanno in seguito alla pubertà. Questo è un altro fattore che potrebbe spingere il/la giovane atleta a mettere in atto una serie di comportamenti finalizzati a prevenire o contrastare i naturali cambiamenti fisici che avvengono durante la maturità corporea.
Fattori di rischio associati con lo sviluppo di un Disturbo dell’Alimentazione e della Nutrizione
Generalmente, l’eziologia dei Disturbi dell’Alimentazione e della Nutrizione viene ricondotta a un modello multifattoriale in cui determinati e predisponenti fattori biologici (genetica, genere, ecc.), psicologici (perfezionismo, bassa stima di sé, ansia, ecc.) e sociali (media, cultura, stress, ecc.) interagendo con determinate condizioni ambientali (commenti sul peso e la forma corporea, eventi traumatici, ecc.) sarebbero alla base del manifestarsi e del mantenimento dei sintomi.
I rischi sport-specifici
Oltre ai fattori di rischio generali, sopra elencati, gli atleti possono incontrarne di specifici connessi allo sport praticato, come:
- Precoce specializzazione (vedi sopra);
- Controllo frequente del peso: può portare a un’ossessione nei confronti del proprio peso e alla messa in atto di comportamenti disfunzionali per il suo controllo;
- Dieta e perdita di peso in età precoce (pre-adolescenza e adolescenza);
- Pressioni per perdere peso (vedi sopra);
- Ideale di magrezza legato al miglioramento delle prestazioni: come per il controllo del peso, avere come orizzonte di senso il fatto che le proprie prestazioni dipendono dalla propria magrezza può portare al perseguimento di tale ideale a tutti i costi e con ogni mezzo;
- Situazioni stressanti ed eventi traumatici (infortuni, sovrallenamento, ecc.): spesso l’inattività conseguente a un infortunio può causare un aumento di peso che l’atleta può cercare di evitare con la messa in atto di comportamenti alimentari non adeguati;
- Fattori Psicologici (ricerca della perfezione, orientamento al risultato, ecc.);
- Regolamenti di alcuni sport: i regolamenti di alcuni sport (ad es. boxe o alcune arti marziali), in cui il peso è un fattore determinante per la categoria in cui si compete, possono spingere alcuni atleti a cercare di controllare il proprio peso attraverso l’utilizzo di pratiche estreme come ad es. il “taglio del peso”;
- Comportamento degli allenatori.
Su quest’ultimo punto vorrei soffermarmi un po’ di più dato che la figura dell’allenatore ha un ruolo particolarmente importante per l’atleta.
L’allenatore
L’allenatore gioca un ruolo importante nella vita sportiva e non dell’atleta. Di conseguenza, la sua attitudine rispetto al peso e alla forma del corpo dell’atleta può avere un forte impatto sul comportamento di quest’ultimo. Può succedere che un atleta inizi una dieta restrittiva su consiglio dell’allenatore di perdere peso e, come sappiamo, iniziare una dieta, ad es. in adolescenza, può essere un trigger per lo sviluppo di comportamenti connessi a un DAN soprattutto in soggetti più sensibili al manifestarsi di tali disturbi.
Ovviamente, questo fatto non vale per tutti gli individui. Il rischio diminuisce nel momento in cui l’atleta viene seguito da persone competenti e adeguatamente formate, invece, aumenta nel momento in cui a questa richiesta del coach si affiancano conoscenza ed educazione alimentare non adeguate che possono tradursi in commenti azzardati sul peso, o disinformazione sul controllo di quest’ultimo, o ancora nella messa in atto di comportamenti inappropriati che possono mettere in pericolo la salute e il benessere dell’individuo (Bonci et al., 2008).
A tal proposito, sarebbe utile che gli allenatori fossero informati rispetto alle caratteristiche di questi disturbi e a delle efficaci strategie di comunicazione così da prevenire e intervenire tempestivamente, con l’aiuto di un esperto, nel caso ce ne fosse bisogno.