In psicologia dello sport l’infortunio viene considerato un evento critico che può essere determinante per la carriera e il benessere di un atleta. In quest’ottica, diventa importante la sua gestione e quella del periodo di inattività. Secondo Hell e Schulte (2014) l’infortunio si definisce come la risultante di un avvenimento causato da diversi fattori, di tipo bio-psico-sociale, che necessita di un approccio olistico e multidisciplinare (o ancora meglio interdisciplinare) comprensivo sia delle funzioni fisiche sia dei fattori emotivi e cognitivi (in C. Conti, S. di Fronso e M. Bertollo, 2015).
Il recupero da un infortunio
Di conseguenza, il recupero da un infortunio è determinato sia dagli aspetti fisici che da quelli psicologici e una sua gestione ottimale implica un’integrazione interprofessionale tra diversi professionisti.
Secondo Pollog (2014) sono quattro le aree personali che vengono coinvolte in un infortunio:
- Benessere fisico: dolore, restrizioni temporanee dei movimenti, possibilità di cambiamenti permanenti;
- Benessere emotivo: emozioni negative e positive, gestione dell’ansia;
- Benessere sociale: perdita del ruolo (importante per l’identità), allontanamento dall’ambiente sportivo, nuove relazioni;
- Del Sé: alterazione della propria immagine, minaccia ai propri obiettivi, scoperta della propria vulnerabilità e fragilità, consapevolezza dei limiti fisici, diminuzione della stima di sé e dell’autoefficacia.
Infortunio e caratteristiche personali
Generalmente, l’esperienza vissuta dalla persona è quella di una perdita che è influenzata dalle caratteristiche personali:
- Caratteristiche specifiche: storia, gravità oggettiva e percepita, tipologia e cause percepite;
- Caratteristiche dell’atleta: personalità, tolleranza al dolore, autoefficacia, stima di Sé, capacità di coping, storia personale degli eventi stressanti, identità sportiva;
- Dati demografici: età, sesso, stato socio-economico;
- Fattori situazionali:
- Aspetti sociali: influenza dei compagni, dei tecnici e dello staff sanitario, dinamiche familiari, sponsor);
- Sport specifici: disciplina, livello di competizione, periodo della stagione, ruolo.
Oltre a queste caratteristiche, l’esito della fase riabilitativa ed il successivo ritorno all’attività e alla competizione saranno condizionati da come l’atleta risponderà all’infortunio. Mi preme qui sottolineare che l’intervento dello psicologo dello sport non riguarda solamente la fase post-infortunio, ma include anche gli aspetti legati alla prevenzione e riduzione del rischio.
L’intervento
L’intervento si articola lungo tre fasi in successione temporale: fase acuta post-infortunio, di riabilitazione e di ritorno all’attività. Per ognuna dii esse si possono individuare varie dimensioni psicologiche e specifiche tecniche d’intervento.
Fase acuta post-infortunio
In questa fase le risposte emotive possono essere di rabbia, tristezza, umore depresso, frustrazione, senso di colpa, senso di solitudine, apatia, preoccupazione generale e ansia, paura, comportamento scontroso e sbalzi d’umore, dubbi, sfiducia, percezione d’incapacità e smarrimento connessi al dover affrontare una nuova situazione. Potrebbe anche configurarsi come un evento positivo perché potrebbe determinarsi come un momento di pausa da un periodo di forte stress o come una scusa per abbandonare l’attività (C. Conti, S. di Fronso e M. Bertollo, 2015).
Sul versante cognitivo si possono avere fenomeni di castrofizzazione, over-generalizzazione, colpevolizzazione verso sé stessi o altri, personalizzazione, negazione e non accettazione della propria vulnerabilità e fragilità (Brewer, 2009; Tracey, 2010).
Fase di riabilitazione
Gli esiti della riabilitazione dipendono dall’interazione, dinamica e modificabile, di fattori biologici, psicologici e sociali (modello bio-psico-sociale, Brewer, Andersen e Van Raalte, 2002; C. Conti, S. di Fronso e M. Bertollo, 2015). Possono essere connessi a un esito positivo o negativo. I primi riguardano l’aderenza al programma riabilitativo, la motivazione intrinseca, la tolleranza al dolore, la forza mentale (mental toughtness), la percezione di gravità dell’infortunio, il senso di autoefficacia e la percezione di supporto sociale. Mentre, i secondi ineriscono i disturbi dell’umore e la paura di infortunarsi nuovamente.
Fase di ritorno all’attività sportiva
Il ritorno all’attività sportiva è determinato da variabili fisiche, demografiche e psicologiche. Le principali, fisiche e demografiche, sono le caratteristiche della lesione, il tipo, le cause, la gravità dell’infortunio, l’età, il sesso, l’origine etnica e lo status socio-economico. Quelle psicologiche riguardano la motivazione, la stima di sé stessi, il fatto di considerare l’infortunio come una sfida da superare, la paura di una ricaduta e di non riuscire a raggiungere i livelli prestazionali pre-infortunio (C. Conti, S. di Fronso e M. Bertollo, 2015). Potrebbe capitare che recupero fisico e psichico non procedano di pari passo, questo spiegherebbe quelle situazioni in cui nonostante il totale recupero fisico l’atleta non si sente pronto al rientro.
Intervento psicologico in fase di infortunio
Riassumendo, affinché l’intervento psicologico in fase di infortunio sia efficace e favorisca il miglior outcome possibile deve essere strutturato sulle caratteristiche personali dell’atleta (Hedgpeth e Sowa, 1998) e deve prendere in considerazione diversi aspetti coinvolti dall’infortunio: personali, cognitivi, emotivi, identitari, sociali, esistenziali ed esperienziali. L’obiettivo dell’intervento psicologico in fase riabilitativa è quello di agire sull’umore, fornire capacità di coping proattivo, migliorare l’efficacia percepita, eliminare i pensieri negativi e svilupparne di positivi (Driediger, Hall e Callow, 2006; in C. Conti, S. di Fronso e M. Bertollo, 2015). Inoltre, favorisce il mantenimento della motivazione, dell’impegno e l’aderenza ai protocolli di trattamento (Weinberg e Gould, 2010; in C. Conti, S. di Fronso e M. Bertollo, 2015).