Cambiamento terapeutico: uno degli aspetti cardine di qualsiasi psicoterapia riguarda il tema del cambiamento, ossia il passaggio da una condizione iniziale non desiderata o di malessere ad una ambita. Una possibilità dell’evolversi di questo processo si snoda attraverso diverse fasi che, partendo dall’iniziale presa di coscienza della responsabilità (consapevolezza) per la propria condizione esistenziale, si articolano in un percorso che dovrebbe sfociare nell’azione.
Volontà nel cambiamento terapeutico
Un ruolo centrale all’interno di questo cammino lo riveste la volontà. Yalom (pp. 352, 2019), attraverso le considerazioni di altri autori, prova a definirne caratteristiche e funzioni:
È l’istanza mentale che trasforma la consapevolezza e la conoscenza in azione, è il ponte tra desiderio e atto. È la condizione mentale che precede l’azione (Aristotele). È l’organo del futuro spirituale, proprio come la memoria è l’organo spirituale del passato (Arendt). È il potere dell’iniziare spontaneamente una serie successiva di cose (Kant). È la sede della volizione, il “fattore determinante responsabile” (Faber). È il “fattore decisivo per traslare l’equilibrio in un processo di cambiamento… un atto che si verifica tra l’intuizione interna è l’azione che è sperimentata come sforzo o determinazione” (Wheelis). È l’assunzione della responsabilità, in quanto contrapposta alla presa di coscienza della responsabilità. È quella parte della struttura psichica che ha la “capacità di fare e implementare le scelte” (Arieti). È una forza composta da potere e desiderio, l’”innesco dello sforzo”, la “molla principale dell’azione”.
Trascendenza di sé stessi nel futuro con il cambiamento terapeutico
La volontà implica la trascendenza di sé stessi nel futuro (al di là, oltre) con determinazione e impegno attraverso i propri progetti (desideri): questo è il tempo del cambiamento. Dunque, per cambiare bisogna riuscire a influenzare la propria volontà: alcune patologie (ad esempio il Disturbo Ossessivo-Compulsivo) esercitano un ottundimento della volontà.
Spesso, l’inadeguatezza volitiva è determinata dall’incapacità di provare emozioni e dal senso di colpa. Quante volte ci succede di volere qualcosa ma non riusciamo a mettere in atto le condotte e le azioni necessarie per raggiungerla a causa dei sensi di colpa che ciò provocherebbe?
Da dove inizia questo cambiamento?
Ma da dove ha inizio questo processo? Secondo Rollo May (L’amore e la volontà, 1978), esso scaturisce dal desiderio: si può agire per se stessi solo se si ha accesso ai propri desideri (Yalom, 2019). Come possiamo volere qualcosa e proiettarci nel futuro se non siamo mossi da un desiderio di base?
Prima fase del cambiamento: riconoscere i propri desideri
Di conseguenza, la prima fase del processo di cambiamento dovrebbe riguardare il riconoscimento dei propri desideri. L’incapacità di desiderare può portare, da una parte, ad una sorta di impulsività in cui l’individuo non essendo in grado di discernere tra i vari desideri cerca di realizzarli tutti e, dall’altra, a sperimentare il desiderio come un’imposizione dall’esterno (compulsione), un dovere a cui sottomettersi al fine di evitare il forte disagio che provocherebbe il non metterlo in atto.
Fase decisionale del cambiamento terapeutico
Una volta diventati consapevoli del proprio desiderio si passa alla fase successiva, quella della scelta o decisione: la “decisione” si riferisce a un’ampia gamma di attività che corrispondono a diverse esperienze soggettive, che implicano diversi livelli di sforzo, razionalità, coscienza, impulsività e senso di responsabilità (Yalom, pp. 584, 2019).
Spesso le persone, in questa fase, sperimentano indecisione e immobilità non riuscendo a impegnarsi per raggiungere i propri obiettivi. I motivi che portano a questo blocco possono essere diversi.
Scegliere una o più possibilità significa escluderne altre, ossia rinunciare a qualcosa e fare i conti con i propri limiti; in casi estremi la scelta potrebbe essere irreversibile e non permettere alla persona di poter tornare sui suoi passi o, a causa della narrazione che facciamo della nostra situazione, potremmo esserci convinti di non avere altre possibilità, o di averne solo una (generalmente quella non desiderata), e sentirci in gabbia.
A volte, invece, ad arrestare il processo decisionale è il senso di colpa che scaturirebbe dall’agire una delle opzioni a nostra disposizione.
Forme del processo di cambiamento
La paralisi della scelta e, di conseguenza, del processo di cambiamento può assumere diverse forme (Yalom, 2019): la procrastinazione, la minimizzazione di ciò a cui si deve rinunciare, la distorsione delle informazioni (dissonanza cognitiva), o la delega della decisione a qualcun altro o qualcos’altro (ad esempio il fato o le regole).
Terza fase: assunzione di responsabilità
In fine, l’ultima fase del processo di cambiamento riguarda l’assunzione di responsabilità, impegno e fatica di agire e mettersi in movimento verso ciò che si è scelto, ossia se stessi.