L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce il sovrappeso e l’obesità come condizioni caratterizzate da eccessivo peso corporeo per accumulo di tessuto adiposo, tale da influire negativamente sullo stato di salute del singolo individuo, condizione che inficia la qualità e l’aspettativa di vita (6-7 anni di vita in meno per una condizione di obesità a 40 anni). Infatti, l’eccesso di peso si associa spesso a un elevato numero di patologie croniche (ad es. diabete di tipo 2, ipertensione arteriosa e cardiopatia ischemica).
Obesità come malattia cronica
L’obesità è ormai considerata una malattia cronica, quindi con evoluzione tendente al peggioramento, caratterizzata da eziologia multifattoriale, danno organico, sofferenza psicologica ed esistenziale, difficoltà nelle relazioni sociali e interpersonali.
Classificata come primaria e secondaria
Viene classificata in primaria (o essenziale) e secondaria. Nella prima categoria rientrano tutte quelle forme (oltre il 90% dei casi) di cui non si riesce a individuare l’esatta causa eziologica essendo determinata dall’interazione di diversi fattori: genetici, metabolici, nutrizionali, sociali e culturali.
Invece, quelle secondarie sono definite da cause note e comprendono forme di origine genetica, forme derivanti da disfunzione ipotalamica, forme legate a malattie endocrine (sindrome di Cushing, ipotiroidismo) e forme motivate da Disturbi dell’Alimentazione e della Nutrizione.
Da cosa dipende lo sviluppo dell’obesità
Come abbiamo visto le più comuni forme di obesità sono a eziologia multifattoriale risultante da una complessa e reciproca influenza tra genetica e ambiente. Dunque, lo sviluppo della malattia è determinato dall’interazione, da una parte, di fattori ereditari genetici che influenzano per il 40-70% il valore dell’Indice di Massa Corporea (IMC), la composizione corporea, la distribuzione di grasso viscerale e della massa grassa dell’adulto, e, dall’altra, di fattori ambientali quali abitudini alimentari, stile di vita (attività fisica, consumo di alcool), condizioni socio-culturali (livello educativo, situazione occupazionale e suoi cambiamenti, stato civile, condizioni abitative, relazioni sociali), status economico (le forme più gravi di obesità predominano nelle fasce di popolazione con più basso livello socio-economico), condizioni fisiologiche (sesso, età, malattie) e terapie farmacologiche.
Percorso terapeutico come processo di controllo
La complessità del problema e la sua natura cronica rendono la cura complicata e la guarigione rara: è più utile vedere il percorso terapeutico come un processo di controllo della malattia che dura per tutta la vita.
Di fatto, l’obesità si caratterizza per essere una malattia in cui la recidiva e il recupero del peso sono comuni e il trattamento è spesso più frustrante della malattia. Inoltre, ad aggravare il quadro si aggiunge la condizione che, spesso, in circa i due terzi dei casi, l’obesità è in comorbidità con altre patologie croniche: malattie metaboliche (diabete di tipo II, dislipidemia, infertilità femminile, sindrome dell’ovaio policistico, ecc.), neoplasie, malattie cardiovascolari, asma, apnee ostruttive notturne, osteoartrite, disturbi psicologici (ansia, depressione, isolamento sociale), reflusso gastroesofageo, incontinenza urinaria, fascite plantare, ecc.
Tutte queste caratteristiche fanno si che il percorso di cura dell’obesità richieda la messa in campo di diverse professionalità, ossia di un’equipe multidisciplinare che sia in grado di prendere in carico la molteplicità di difficoltà che riguardano la persona con obesità.
L’Academy for Eating Disorders (AED) ha da poco pubblicato un documento in cui sono indicati i Livelli Minimi di Assistenza e le Linee Guida Basilari e non prescindibili per il riconoscimento e il trattamento dei Disturbi dell’Alimentazione e della Nutrizione (DAN).
Raccomandazioni per trattare i Disturbi dell’Alimentazione e della Nutrizione
Lo scopo principale delle raccomandazioni elencate in questo documento è quello di fornire ai professionisti della salute, che hanno in carico pazienti con DAN e che non possono appoggiarsi a un presidio specialistico, gli strumenti di base per affrontare questi disturbi e prendersi cura della sofferenza delle persone che ne sono affette. In esso sono delineati gli elementi fondamentali e i sintomi comuni dei DAN e per ogni singolo disturbo (Anoressia Nervosa, Bulimia Nervosa, Binge Eating Disorder, Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo) le principali peculiarità sintomatologiche, le caratteristiche del trattamento e cosa fare una volta raggiunti gli obiettivi minimi (recupero del peso corporeo, gestione delle emozioni, diminuzione sintomi, ecc.) della terapia.
Raccomandazioni utili per pazienti e familiari
Queste raccomandazioni, oltre che per i professionisti della salute, risultano essere utili anche per coloro che soffrono di DAN e i loro familiari: forniscono le informazioni fondamentali per riconoscerli in noi stessi e negli altri, per sapere cosa aspettarsi dal trattamento (in linea generale) e quali potrebbero essere alcuni degli obiettivi che andranno perseguiti durante la terapia e dopo il recupero.
Al seguente link il documento in lingua italiana, traduzione a cura dei Prof.ri Umberto Nizzoli e Cristina Segura-Garcia, Società Italiana per lo studio dei Disturbi del Comportamento Alimentare (SISDAC):
Documento sullo studio dei disturbi alimentari
Documento dell’Academy for Eating Disorders (AED).
Un importante fattore nella determinazione di una stabile perdita di peso a lungo termine in seguito a chirurgia bariatrica riguarda i cambiamenti dello stile di vita. Infatti, quest’ultimi, hanno un effetto positivo sulla perdita di peso e sulla sua stabilità nel tempo: è in questo ambito che la figura dello psicologo, insieme a quella del dietologo/nutrizionista, svolge un ruolo importante. Ad esempio, la non aderenza alla nuova dieta potrebbe avere gravi conseguenze per la salute psicofisica della persona.
Chirurgia bariatrica e sostegno psicologico post-operatorio
I notevoli cambiamenti corporei innescati dalla chirurgia bariatrica e le possibili complicanze post-operatorie hanno importanti ripercussioni su diversi aspetti dell’esistenza della persona: identità, relazioni, lavoro, psiche, ecc. Da una parte, il notevole calo ponderale può portare a miglioramenti nella qualità di vita, compensando disturbi dell’umore o ansiosi, ma, dall’altra, può anche capitare che questi disturbi, mai manifestatisi prima, si palesino, così come un Disturbo Ossessivo-Compulsivo o dell’Alimentazione e della Nutrizione che risultavano essere sottosoglia (ossia ben compensati, che non creavano significative difficoltà al soggetto) prima dell’operazione, se non adeguatamente trattati, si acutizzino in seguito all’operazione.
Sostegno di un professionista
Contatta uno specialista per un sostegno psicologico post-operatorio
Per tutti questi motivi è utile, se non necessario, l’aiuto di un professionista della salute mentale anche nella fase post-operatoria.
Ad oggi, non esistono dei dati basati sull’evidenza (evidence-based) che permettano di stabilire delle linee guida standardizzate e approvate dalla comunità scientifica di riferimento per la valutazione dell’idoneità alla chirurgia bariatrica.
Articoli con indicazioni per una valutazione psicologica in chirurgia bariatrica
Il seguente articolo farà riferimento alle indicazioni metodologiche contenute nel documento “Suggerimenti per la valutazione psicologico-psichiatrica del paziente obeso candidato alla chirurgia bariatrica” di L. Busetto, M. L. Cerbone, C. Lippi, F. Micanti, S. Sampietro, approvato dal CD SICOB il 3 ott. 2011. Tale documento è stato redatto con l’obiettivo di fornire alcuni utili suggerimenti agli operatori clinici (psicologi e psichiatri) che si occupano della valutazione psicologico-psichiatrica del paziente obeso candidato alla chirurgia bariatrica, ma può risultare utile anche per coloro che hanno intenzione di sottoporsi all’intervento e non sanno cosa aspettarsi da tale valutazione.
Scopo della valutazione psicologico-psichiatrica in chirurgia bariatrica
Lo scopo della valutazione psicologico-psichiatrica, in chirurgia bariatrica, è quello di individuare, da una parte, la presenza di condizioni psicologiche/psichiatriche che potrebbero essere di ostacolo alla riuscita del percorso e, dall’altra, le caratteristiche di personalità che potrebbero influire negativamente sull’adesione al programma post-intervento e/o al raggiungimento degli obiettivi (ad es. motivazione, aspettative, condizioni psicosociali, risorse, ecc.).
Colloquio clinico per una valutazione psicologica in chirurgia bariatrica
Per raggiungere tale fine, gli strumenti di cui si avvale lo specialista sono il colloquio clinico e l’indagine psicometrica (somministrazione di test). Da questo processo possono risultare tre possibilità:
- L’idoneità all’intervento;
- Il riconoscimento di una condizione psicopatologica o di una personalità tendente a determinati disturbi psicologici (ad es. Disturbi Depressivi, Disturbi d’Ansia, Binge Eating Disorder (BED), Night Eating Syndrome (NES), Disturbo Ossessivo-Compulsivo) che, essendo dei predittori negativi, meritano una particolare attenzione e/o interventi terapeutici che permettano di accedere al percorso di chirurgia bariatrica o di non inficiare l’iter post-operatorio.
- Un quadro psicopatologico/psichiatrico grave che rappresenta una controindicazione all’intervento, caratterizzato da: Disturbi Bipolari, Depressione Maggiore, Disturbi dello Spettro della Schizofrenia, Disturbi Psicotici, Disturbi Correlati a Sostanze (Alcol, sostanze psicotrope, ecc.), Disturbo del Controllo degli Impulsi e della Condotta, Disturbi dell’Alimentazione e della Nutrizione.
Valutazione psicologica
La valutazione psicologica, oltre ad indagare lo stato mentale dell’individuo candidato all’operazione di chirurgia bariatrica, sarà orientata all’analisi della storia del peso corporeo, della storia dei trattamenti dietetici, del comportamento alimentare, della motivazione al cambiamento, delle aspettative, della capacità di aderire alle prescrizioni, dell’immagine corporea, della qualità di vita e delle risorse socio-economiche.
Visita il sito di S.I.C.OB.
Covid e distrurbi alimentari: il diffondersi della pandemia da Covid-19, unita alle misure messe in atto per contrastarla, ha creato un contesto sociale ed esistenziale che si è rivelato essere un terreno fertile per il peggioramento delle condizioni legate ai Disturbi dell’Alimentazione e della Nutrizione (DAN) e all’obesità.
Problematiche dell’isolamento sociale tra Covid e distrurbi alimentari:
Da una parte l’isolamento sociale, la difficoltà di accesso al sistema di cure, l’incertezza economica e la paura legata al possibile contagio hanno influito negativamente sui fattori di stress, ansia e tono dell’umore che spesso sono in comorbidità con obesità e DAN, portando così al disvelamento o all’esacerbazione di quest’ultimi.
Covid: aumento dei casi di disturbo alimentare
Questa situazione, per un verso, ha fatto in modo che si sia creato un circolo vizioso in cui i diversi disturbi si sono autoalimentati generando un contesto di particolare gravità per la salute dei singoli individui.
Per l’altro, le limitazioni alle possibilità di movimento, il maggior tempo disponibile per preparare e consumare i pasti e le difficoltà legate all’opportunità di svolgere attività fisica hanno inficiato lo stato di benessere e salute psicofisica delle persone: durante e in seguito al periodo di emergenza i casi di disturbi dell’alimentazione e della nutrizione e il tasso di mortalità ad essi connesso sono aumentati di circa il 30%.
Covid e obesità
Recenti studi hanno dimostrato che queste patologie, oltre alle già gravi compromissioni che implicano, sarebbero fortemente correlate a un aumentato del rischio di contrarre il virus e a una maggiore gravità del decorso dell’infezione da Covid-19, nonché a un aumento della mortalità.
Rischi dell’obesità
Nell’obesità, tale fragilità, potrebbe dipendere da una serie di fattori correlati al quadro clinico che questa patologia cronica spesso presenta: da una parte, un sistema immunitario e un apparato respiratorio più fragili, e, dall’altra, le possibili patologie croniche (ipertensione, malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2) spesso presenti in comorbidità con l’obesità possono essere aggravate dall’infezione e/o favorire un decorso della malattia più grave.
In altre parole, in queste persone, il tessuto adiposo in eccesso porta a disfunzioni respiratorie e alti livelli di infiammazione che indeboliscono il sistema immunitario e il suo funzionamento.
Disturbi alimentari e anoressia
Non solo l’eccesso di peso, ma anche la condizione opposta può favorire lo sviluppo di condizioni connesse a una prognosi peggiore e a un decorso della malattia più grave. Un eccessivo calo ponderale, causato da un’alimentazione povera di nutrienti e/o eccessivamente ristretta (come nel caso dell’anoressia), può portare a una diminuzione delle riserve di grasso corporeo e ad alterazioni intestinali che a loro volta potrebbero alterare la funzionalità e la risposta immunitaria all’infezione compromettendo l’equilibrio metabolico con il rischio di aggravare un quadro di insufficienza respiratoria pre-esistente.
Covid e distrurbi alimentari
Infine, le persone che soffrono di un disturbo dell’alimentazione e della nutrizione, in questa situazione di restrizioni, più di altre persone, sono sottoposte a una condizione di stress che, unita a una scarsa riserva di carboidrati, aumenta il rischio di ipoglicemia.
È la classica dieta ipocalorica il miglior intervento per la cura dell’obesità?
In Italia le principali cause di morte e di spesa sostenuta dal Servizio Sanitario Nazionale sono riconducibili alle malattie croniche. Due dei principali fattori di rischio per lo sviluppo di quest’ultime, scorretta alimentazione e inattività fisica (le altre sono fumo e abuso di alcol), sono alla base del preoccupante e costante aumento della prevalenza dell’obesità nel nostro paese.
Questo trend risulta ancor più allarmante se si considera che il sovrappeso e l’obesità sono i responsabili di circa l’80% dei casi di diabete di tipo 2, del 55% dei casi di ipertensione arteriosa e del 35% dei casi di cardiopatia ischemica.
Obesità: soluzione la riduzione del peso
La miglior soluzione per queste patologie è la riduzione del peso corporeo, generalmente un calo del 5-10% porta a un netto miglioramento delle condizioni di salute di chi ne è affetto.
Sono diversi i trattamenti che ad oggi possono essere proposti per raggiungere il calo ponderale: la dieta, il trattamento farmacologico e la chirurgia bariatrica. Questi trattamenti hanno come scopo comune quello di ridurre l’intake alimentare e di conseguenza quello calorico.
Prescrizione di una dieta
La terapia che viene maggiormente utilizzata, soprattutto se l’individuo è al primo tentativo di riduzione del peso corporeo, consiste nella prescrizione di una dieta intesa in senso restrittivo e non come cambiamento dello stile di vita. Generalmente, questo tipo di cura, che sia fai-da-te o prescritta da un professionista, se vi si riesce ad aderire, porta a buoni risultati in un breve lasso di tempo ma a fallimenti nel lungo periodo (è quella che viene chiamata sindrome dello Yo-Yo o Weight Cycling Syndrome).
Sindrome dello yo-yo
Dunque, quello che si innesca è un processo di rapido calo ponderale con conseguente recupero del peso (spesso anche di più di quello precedente alla cura dimagrante) al termine del periodo di aderenza alla dieta.
Questo effetto è stato dimostrato da diversi studi condotti negli ultimi 50 anni che si sono occupati di indagare gli effetti di diete dimagranti e/o restrittive, i cui risultati confermano l’opinione che siano uno strumento inefficace per la riduzione del peso corporeo a lungo termine. Secondo tali ricerche, di stampo riduzionistico, questo avviene per una serie di motivi. Innanzitutto, la dieta si oppone a un meccanismo naturale di controllo del peso conosciuto come teoria del “set-point”: secondo i sostenitori di questa teoria, il corpo tenderebbe a mantenere costante il peso nonostante i cambiamenti nel comportamento alimentare e ambientali.
Conseguenze negative e aspetti psicologici
Oltre a quelle sul peso, le conseguenze negative si estenderebbero anche agli aspetti psicologici. La restrizione dietetica causerebbe a) un abbassamento del tono dell’umore con conseguente perdita di motivazione dopo le prime settimane, diminuzione della stima di sé e ritiro dalle situazioni sociali; b) pensieri ossessivi sul cibo e c) pensiero di tipo dicotomico “tutto o nulla”, sia per quanto riguarda la bontà del cibo, per cui esisterebbero cibi buoni e cibi cattivi, sia per quanto riguarda l’aderenza alla dieta, per cui ogni volta che non si riesce a rispettarla “tanto vale” e ci si lascia andare ad abbuffate con conseguente senso di inadeguatezza e vergogna per il fallimento.
Riassumendo, secondo questi studi, quello del peso non è un problema che può essere affrontato attraverso un semplice schema, in questo caso restrittivo, perché ciò porterebbe a credere a informazioni errate e false credenze sul cibo, a non intervenire sulle cause che portano a mangiare eccessivamente (aspetti psicologici, emotivi, identitari, sociali, ecc.) scatenando quei meccanismi di risposta “restrizione-disinibizione” che porterebbero al recupero ponderale.
L’obesità è una malattia cronica
Dato per assodato che la dieta dimagrante di per sé sia un intervento tendenzialmente fallimentare nel trattamento dell’obesità, credo che le motivazioni sopra esposte siano solo una parte del problema, e tra l’altro quella superficiale, della sua fallibilità.
L’obesità è una malattia cronica e complessa che investe in toto l’essere e l’esistenza dell’individuo. Gli approcci che hanno portato alle conclusioni sopra citate tendono a trattare la persona in modo parcellizzato e a focalizzarsi solo ed esclusivamente sul suo comportamento, in questo caso, alimentare: questo fa sì che si provi a curare il sintomo invece che le motivazioni che hanno fatto in modo che si manifestasse.
Relazione con il cibo
Quella con il cibo è una relazione, con un oggetto, e credo che come tale vada considerata. Una relazione che è solo una parte di quella più ampia che riguarda l’individuo con l’altro e il mondo. Al fine di ovviare ai problemi sopra descritti, bisognerebbe, prima di proporre a queste persone un regime dietetico o un cambiamento nello stile di vita, ricostruire la loro storia e comprendere quali sono i modi di essere e di emozionarsi che hanno fatto si che, in determinati momenti della loro vita (che molto probabilmente corrispondono a delle fratture identitarie), l’essere obesi fosse l’unica modalità identitaria di sentirsi, di esserci, di essere in relazione con gli altri e il mondo e rifigurare identitariamente queste esperienze in modo tale che la persona se ne possa ri-appropriare, farle proprie.
Obesità e cambiamento
Un calo ponderale drastico ha effetti importanti sul corpo che siamo (non che abbiamo!), ossia sul mezzo che permette di muoverci e relazionarci con il mondo, e di conseguenza delle possibilità d’azione che ci si possono aprire e che potremmo perseguire. Dunque, andrebbero considerati gli effetti che tale radicale cambiamento determinerebbe, non solo il suo perseguimento, e sostenuti gli eventuali cambiamenti sia pratici che identitari, emotivi, relazionali e sociali.
Se non si affrontano, nell’intervento, tali aspetti, come potrebbe la persona continuare a sentirsi sé stessa nei nuovi panni e a non ritornare, in un momento di difficoltà, ai quei vecchi modi di essere tanto cari e familiari?
Obesità e psicoterapia
L’obesità è una malattia cronica con cui l’individuo dovrà fare i conti tutta la vita, molto probabilmente non esiste un intervento definitivo che risolva le difficoltà per sempre, ma è possibile mettere in campo un approccio multidisciplinare che permetta di prendere in carico l’individuo nel lungo periodo, aiutandolo a gestire le sue difficoltà permettendogli di giungere a una forma di sé stesso e a un’esistenza migliore.
In questo tipo di approccio, oltre a quello degli altri professionisti (dietologo, endocrinologo, medico internista, nutrizionista, psichiatra, personal trainer) l’operato dello psicologo è fondamentale: dietoterapia, chirurgia bariatrica e terapia farmacologica se non affiancate da un intervento psicologico/psicoterapeutico sono, nel lungo tempo, destinate a fallire causando importanti effetti negativi sulla psiche e sull’esistenza delle persone.
Psicologia dell’alimentazione: perché uno psicologo dovrebbe occuparsi di un ambito, quello nutrizionale e/o alimentare, che da sempre è ad appannaggio di professionisti quali dietologi, dietisti e nutrizionisti?
Psicologia dell’alimentazione: rapporto tra essere umano e cibo
Comunemente, questo aspetto dell’esistenza umana è stato approcciato come se il comportamento alimentare fosse regolato solamente da fattori biologici. L’esperienza, la clinica e la ricerca, negli anni, hanno dimostrato come, invece, nel complicato rapporto tra essere umano e cibo intervengano, oltre a quelli biologici, anche fattori psicologici (percezioni, cognizioni, aspettative, desideri, credenze, convinzioni, motivazioni, bisogni), emotivi, comportamentali, culturali e sociali.
Percorso di trasformazione e cambiamento
Di conseguenza, in un percorso di trasformazione/cambiamento del rapporto con il cibo risulta di fondamentale importanza, oltre a un intervento di tipo dietoterapico e medico, affiancarne uno psicologico e/o psicoterapeutico che si focalizzi sulla modificazione degli aspetti sopra citati e che permetta alle persone di riuscire a raggiungere i propri obiettivi o ad aderire a importanti modifiche nel proprio stile di vita (ad es. nel caso di una diagnosi di celiachia o di diabete).
A chi si rivolge la psicologia dell’alimentazione
Dunque, a chi si rivolge lo psicologo che opera in ambito alimentare?
- Coloro che soffrono di un Disturbo dell’Alimentazione e della Nutrizione
- Persone obese/in sovrappeso che non riescono a seguire la dieta
- Persone obese/in sovrappeso che non vogliono seguire la dieta
- Celiaci/diabetici che devono seguire la dieta ma non riescono
- Persone che vogliono sottoporsi a chirurgia bariatrica (valutazione)
- Persone che vogliono sottoporsi a chirurgia bariatrica e non sono risultate idonee (trattamento per ottenere l’idoneità)
- Persone che si sono sottoposte a chirurgia bariatrica (sostegno)
Psicologo in ambito alimentare e nutrizionale
E che cosa fa lo psicologo nell’ambito dell’Alimentazione e della Nutrizione?
- Indaga la presenza (o il rischio) di un disturbo dell’alimentazione e della nutrizione
- Individua i fattori che ostacolano il cambiamento nel rapporto con il cibo
- Fornisce sostegno professionale al paziente nelle fasi critiche del trattamento (bariatrico e/o dietoterapico)
- Fa la psico-educazione necessaria al cambiamento dello stile di vita
- Crea le condizioni utili al mantenimento nel tempo del nuovo rapporto con il cibo, il peso e la forma del corpo
- Valuta l’idoneità psicologica all’intervento proposto (chirurgia bariatrica, dieta, comportamentale, ecc.)
Su cosa agisce la Psicologia dell’Alimentazione e della Nutrizione
E come lo fa (all’interno di un’equipe multidisciplinare attraverso l’integrazione di diverse professionalità)?
- Agendo sulle cause psico-sociali
- Agendo sulle cause bio-fisiologiche
- Agendo sulle conoscenze alimentari del paziente
- Agendo sullo stile di vita del paziente
- Garantendo i progressi effettuati a lungo termine
Informazioni su Psicologia dell’Alimentazione e della Nutrizione
Se vuoi ricevere maggiori informazioni o pensi di avere bisogno di aiuto rispetto a questo argomento contattami, Studio di Psicologia Vigevano – Dott. Alvaro Fornasar: info@psicologovigevano.com o chiamami al 3926778413
Fattori psicosociali e obesità. In un articolo dal titolo The Psychosocial Burden of Obesity (2016) David B. e coll. hanno affrontato la questione dell’impatto dei vari aspetti psicosociali che influenzano l’intervento per l’obesità e le sue comorbilità.
Secondo gli autori, la valutazione del funzionamento psicosociale è un aspetto importante della valutazione e della pianificazione del trattamento per la persona con obesità, in particolare nell’intervento di chirurgia bariatrica.
Fattori psicosociali e obesità
Tra il 20% e il 60% delle persone con obesità, in particolare quella grave, soffrono di una malattia psichiatria che, se non trattata adeguatamente, potrebbe avere un impatto negativo sull’esito del trattamento per la perdita di peso, qualsiasi esso sia.
Peso in eccesso e depressione
Le ricerche suggeriscono una relazione tra peso corporeo in eccesso e depressione, soprattutto per il genere femminile.
Disturbo dell’alimentazione
Oltre ai disturbi dell’umore, è comune riscontrare, tra le persone con obesità, un Disturbo dell’Alimentazione e della Nutrizione (Disturbo da Alimentazione Incontrollata o Binge Eating Disorder (BED), Bulimia e Sindrome da Alimentazione Notturna).
BED: Binge Eating Disorder
Il BED, anche se non viene considerato una controindicazione alla chirurgia bariatrica, in assenza di un intervento farmaco-terapeutico e/o psicoterapeutico finalizzato al cambiamento dello stile di vita e del comportamento disfunzionale, è un potenziale indicatore prognostico sfavorevole dell’esito del trattamento per la perdita di peso.
Fattori psicosociali e obesità: ansia sociale
Un altro disturbo che potrebbe inficiare l’esito dell’intervento, che è significativamente presente all’interno della popolazione con obesità è l’ansia sociale. I suoi effetti negativi si manifesterebbero nel caso in cui fosse incontrollata sfociando così in un Disturbo d’Ansia.
Abuso di sostanze
Un ulteriore dato interessante riguarda l’abuso di sostanze. Nel caso in cui questo fosse ancora in atto risulterebbe una controindicazione al trattamento, invece, nel caso in cui fosse stato superato, il soggetto potrebbe aver sviluppato delle strategie di controllo degli impulsi e di autoregolazione che potrebbero aiutarlo nel controllo delle abitudini alimentari favorendo un esito positivo dell’intervento.
Alta comorbilità tra obesità e malattie psichiatriche
Data l’alta comorbilità tra obesità e malattie psichiatriche spesso le persone che intraprendono un percorso per la perdita di peso stanno anche seguendo una cura farmacologica. Alcuni psicofarmaci, nello specifico antipsicotici e alcune classi di antidepressivi, potrebbero contribuire all’aumento di peso e/o influire negativamente sugli sforzi per la perdita di peso.
Impatto negativo dell’obesità
L’impatto negativo dell’obesità non si limita alla salute psicofisica, ma coinvolge anche la qualità della vita (relazioni, sessualità, lavoro, attività quotidiane), la stima di Sé e l’immagine corporea: le persone con obesità, ad esempio, hanno minori probabilità di finire la scuola superiore, di sposarsi, di guadagnare come gli altri e maggiori probabilità di essere discriminati in diversi contesti, anche quello dell’assistenza sanitaria.
Valutazione psicologica
Da questo quadro emerge l’importanza della valutazione psicologica pre-intervento al fine di valutare quegli aspetti (malattia psichiatrica, abuso di sostanze, motivazioni, aspettative, ecc.) che potrebbero, da una parte, influire negativamente sull’esito dell’’intervento e, dall’altra, aiutare a identificare le potenziali sfide post-intervento e facilitare così i cambiamenti psicologici, comportamentali ed esistenziali che potrebbero rendere possibile la gestione del peso a lungo termine.
Terapia Ansia
I disturbi d’ansia comprendono quei disturbi che condividono caratteristiche di paura e ansie eccessive e i disturbi comportamentali correlati.
- Ansia da Separazione: più diffuso nei bambini con meno di 12 anni, riguarda lo spavento o l’ansia alla separazione dalle figure di attaccamento a un livello di gravità inappropriato rispetto allo stadio di sviluppo (ad es. riluttanza ad andare a scuola per non allontanarsi dai genitori, preoccupazioni eccessive per incidenti, rapimenti, aggressioni, morte dei genitori).
- Fobie Specifiche: paura o ansia marcate, o evitamento riguardo a situazioni o oggetti specifici (ad es. volare, altezze, animali, sangue-iniezioni-ferite, ambienti naturali, ecc.).
- Disturbo d’Ansia Sociale: paura o ansia, oppure evitamento delle interazioni sociali e delle situazioni sociali che coinvolgono la possibilità di essere esaminato (ad es. quando ci si esibisce o si mangia e beve davanti agli altri, ecc.).
- Disturbo di Panico: ricorrenti attacchi di panico inaspettati e ricorrente paura e preoccupazione di averne di ulteriori, accompagnati da diversi sintomi (ad es. palpitazioni, tremori, senso di soffocamento, vertigini, ecc.).
- Agorafobia: paura o ansia riguardo a due o più situazioni (ad es. utilizzare trasporti pubblici, trovarsi in spazi aperti, stare in spazi ristretti, fare la fila, essere in mezzo alla folla o uscire di casa da soli).
- Disturbo d’Ansia Generalizzata: ansia e preoccupazioni persistenti ed eccessive riguardanti diversi ambiti (ad es. rendimento lavorativo e scolastico).
Trattamento Ansia a Vigevano
Alla base dei disturbi fobici vi sono emozioni quali la paura e l’ansia. Le persone soggette a questi disturbi manifestano l’incapacità di distinguere le condizioni fisiologiche del corpo (palpitazioni, aumento del battito cardiaco, aumento della frequenza respiratoria, ecc.) da tali emozioni e dalle situazioni che le hanno causate.
Di conseguenza, quando si troveranno a dover affrontare situazioni che provocano una forte risposta emotiva seguirà un altrettanto intensa attivazione fisiologica che, se supererà il livello di soglia accettabile o conosciuto (sintomo), porterà alla perdita di controllo della situazione e alla precarietà della stabilità personale. Le conseguenti sensazioni di fragilità, instabilità e inefficacia portano allo stato d’ansia: è da qui che origina la sensazione di sentirsi in pericolo.
Il risultato di questo processo è la messa in atto di una serie di strategie (evitamento, allontanamento, anticipazione) che permettono di rendere gestibili e prevedibili gli esiti e le conseguenze di quelle situazioni che potrebbero alterare la stabilità personale.
Si genera in tal modo un circolo vizioso che nel tentativo di limitare le situazioni considerate pericolose, di evitare le conseguenti sensazioni negative e di mantenere un adeguato senso di sé, da vita ai diversi disturbi fobici (agorafobia, attacchi di panico, ecc).